Monitoraggio sulla rappresentazione della figura femminile nella programmazione RAI

- Prospettive di genere
Monitoraggio sulla rappresentazione della figura femminile nella programmazione RAI

Nel corso del 2019 CARES-Osservatorio di Pavia ha realizzato, per il secondo anno consecutivo, il Monitoraggio sulla rappresentazione della figura femminile nella programmazione Rai, in ottemperanza a quanto previsto dal Contratto di servizio 2018-2022 che impegna la Rai a una rappresentazione completa e plurale delle donne, alla prevenzione e al contrasto della violenza di genere, al superamento degli stereotipi, alla promozione della parità di genere, al rispetto dell’immagine e della dignità delle donne e, infine, alla realizzazione di un monitoraggio annuale finalizzato a verificare il rispetto della parità di genere.

Il monitoraggio ha riguardato 1.100 programmi di Rai 1, Rai 2 e Rai 3 trasmessi nel corso del 2019 dalle ore 06:00 alle ore 02:00 e selezionati sulla base di criteri di rappresentanza dei diversi generi TV, delle tre reti generaliste, di tutte le fasce orarie dalle 6:00 alle 2:00, dell’audience e della rilevanza tematica.

Le trasmissioni campione sono state sottoposte ad analisi del contenuto quali-quantitativa, tramite scheda strutturata a voci chiuse.

I risultati principali sono stati confrontati con quelli del monitoraggio 2018, per verificare differenze, similarità e tendenza in corso.

 

Principali risultati

La rappresentazione delle figura femminile

La programmazione Rai 2019 si caratterizza per una rappresentazione complessivamente rispettosa della dignità femminile e dell’identità di genere: le violazioni sono isolate e riguardano solo 3 trasmissioni, con un’incidenza, in entrambi i casi, dello 0,3% sul campione (a fronte rispettivamente dell’1,7% e 1,3% nel 2018).

Il grado di attenzione per le questioni di genere è alto, anche se in calo rispetto al 2018 (-6,7%).

La violenza contro le donne continua ad avere un’ampia copertura e, nel corso del 2019, vede uno spostamento di prospettiva: dalla narrazione evenemenziale, concentrata su specifici casi di violenza, alla tematizzazione. Aumenta infatti l’incidenza della violenza contro le donne fra le questioni di genere toccate, passando dal 29,1% del 2018 al 41,2% del 2019, mentre diminuiscono i casi di violenza coperti dall’informazione o narrati nelle serie TV: 113, in 89 trasmissioni diverse, vs 148, in 114 trasmissioni diverse nel 2018. L’indice di correttezza con cui vengono coperte le cronache o le narrazioni finzionali di femminicidi, molestie, stupri o altra forma di violenza contro le donne rimane fermo a +0,06% in un intervallo di valori compreso fra -1 e +1: un risultato positivo ma poco più che sufficiente, indicatore della necessità di una maggiore accuratezza.

Le trasmissioni che veicolano stereotipi palesi o sottili diminuiscono rispetto al 2018: -6,4%, ma decrescono anche quelle che propongono identità, ruoli e relazioni di genere che sfidano gli stereotipi: -4,3%.

La centralità femminile rimane marginale (6% vs. 5,8% del 2018), e quella maschile si riduce leggermente, ma in misura statisticamente non significativa (11,2% vs. 13,2% del 2018), a vantaggio di un protagonismo più condiviso e trasversale ai due generi: +1,8%.

I numeri della parità di genere

I risultati sulla visibilità di donne e uomini a confronto evidenziano uno sbilanciamento a favore degli uomini, che costituiscono il 63,7% delle 18.688 presenze registrate, contro il 36,3% di donne. Dato sostanzialmente stabile rispetto al 2018, quando si era registrata una quota femminile del 37% su 20.378 persone, e leggermente superiore alla ratio di 1:2 emergente dalle più recenti indagini in ambito europeo (CSA, France, Baromètre de la représentation des femmes à la télévision, Année 2018; CSA, Belgique, Baromètre Diversité et égalité, 2017; Channel 4, UK, Treating Men and Women Equality on TV, 2016).

Il grado di inclusione femminile varia – come nel 2018 – a seconda dei generi e dei ruoli TV.

I programmi di Factual risultano particolarmente inclusivi (53,5%) sebbene siano poco frequenti e poco “popolati”. Le Fiction registrano quote di genere prossime alla parità (donne 44,5%, uomini 55,5%). I programmi di Servizio, di Intrattenimento, di Cultura, Scienza e Ambiente, di Attualità, tutti con percentuali femminili sopra la media complessiva, sono più bilanciati e inclusivi dei programmi di Approfondimento informativo e dei TG, popolati in 2 casi su 3 da uomini, e delle Rubriche sportive, il genere, quest’ultimo, più esclusivamente maschile (donne 16,2%).

Quanto ai ruoli, come nel 2018 – sebbene in proporzioni diverse – si osserva una prossimità all’equilibrio di genere, con un’ampia inclusione femminile:

  • alla conduzione dei programmi (conduttrici: 49,6%; co-conduttrici: 51,8%);
  • fra i giornalisti (giornaliste: 43,6%);
  • nel cast delle Fiction (protagoniste: 42,2%; coprotagoniste: 48,7%; comparse: 41,6%);
  • fra le persone comuni (donne: 44,6%).

Viceversa, si registrano elevati sbilanciamenti che indicano una marginalizzazione delle donne:

  • tra i politici (donne: 18,1%);
  • tra i portavoce di associazioni, aziende, enti, istituzioni, partiti (donne: 22%);
  • tra gli esperti (donne: 24,8%);
  • tra le numerose celebrità ospiti dei programmi (donne: 33,1%).

Infine, la correlazione fra i generi e gli argomenti dei programmi factual-based evidenzia asimmetrie rilevanti e tradizionali: le donne sono scarsamente interpellate sui “top-topic” dell’agenda TV, fatta eccezione per tematiche afferenti l’arte, la cultura, l’intrattenimento, questioni di medicina e salute, notizie o problemi di criminalità e violenza: in tutti questi ambiti tematici, benché minoritarie, raggiungono percentuali sopra la media. Rimangono ampiamente marginali invece nelle notizie di sport (16,9%) e nell’agenda politica (19,6%).

In conclusione, dal punto di vista della parità di genere, il monitoraggio 2019 evidenzia la persistenza di una sotto-rappresentazione femminile che ha la sue radici nella storia della TV, italiana ma anche internazionale, e che, se da un lato è certamente problematica, perché contribuisce a coltivare un immaginario collettivo non paritario e non pienamente inclusivo, dall’altro rispecchia una società non ancora in grado di includere a pieno titolo le donne, specialmente nella vita pubblica, la quale è, per ovvi motivi, la più visibile nei media.

La rappresentazione delle differenze di genere

La ricostruzione del profilo socio-anagrafico delle persone e dei personaggi evidenzia come la società riflessa dalla programmazione Rai sia rappresentata soprattutto da uomini, adulti, eterosessuali, di estrazione borghese, etnia occidentale, religione cattolica e normalmente abili.

Rispetto a questo profilo dominante, le donne si differenziano in modo abbastanza stereotipato:

  • sono più giovani degli uomini – in particolare se conduttrici o co-conduttrici e giornaliste;
  • più spesso degli uomini hanno una presenza socialmente e professionalmente anonima (19,1% vs. 9%);
  • meno spesso degli uomini rappresentano il mondo dello sport (2% vs. 6,1%), della politica (3,7% vs. 9,3%), dei media (3,8% vs. 6,3%), dell’imprenditoria (2,8% vs. 6,1%) e le forze dell’ordine (1,6% vs. 3,5%);
  • più di frequente hanno il volto della madre e/o casalinga (4,3% vs. lo 0,9% degli uomini padri e/o casalinghi) o della studente (7,3% vs. 3,5%);
  • rispetto agli uomini rappresentano meno il mondo dell’alta borghesia –che rimane la classe socio-economica più visibile – e più la classe media impiegatizia, la classe operaia urbana e la marginalità socio-economica (persone disoccupate, inabili al lavoro, che percepiscono sussidi o altro).

I timidi segnali di innovazione rilevati nel monitoraggio del 2018 sono solo in parte confermati nel 2019. Se nel 2018, le donne rappresentavano più degli uomini il volto di un nuovo immaginario TV, dove timidamente si stavano facendo spazio identità etniche e religiose, di orientamento sessuale e (dis)abilità diverse da quelle dominanti, nel 2019 questo risultato è confermato solo per la dimensione religiosa e di abilità: le donne rappresentano più degli uomini identità religiose diverse da quella cattolica, che rimane prevalente, in particolare ebraica, protestante e musulmana, e le persone disabili; ma, nella maggior parte dei casi, hanno il volto della donna occidentale, e, quanto all’orientamento sessuale e affettivo, raramente sono omosessuali.

Monia Azzalini (Osservatorio di Pavia e Università Ca’ Foscari Venezia)

 

Nota: il Monitoraggio sulla rappresentazione della figura femminile nella programmazione Rai è stato affidato dalla Rai a seguito dell’aggiudicazione del Lotto 1, “Ricerca quali-quantitativa”, della procedura negoziata n. 7364271AD. Il progetto di ricerca è stato sviluppato e realizzato da un gruppo di ricerca con esperienza almeno decennale nell’analisi di media audiovisivi, sotto la direzione scientifica della dott.ssa Monia Azzalini e in collaborazione con la Direzione Marketing della Rai.